Lettera pastorale sulla Beata Vergine Maria Assunta

“La Vergine Maria, completato il corso della sua vita terrena, fu assunta alla gloria celeste in anima e corpo” (Pio XII, Costituzione Apostolica Munificentissimus Deus, 1.11.1950)

Carissimi, nella solennità dell’Assunzione al Cielo della Vergine Maria la cui statua abbiamo ripristinato nella sua originaria bellezza e venerato con l’apposizione della corona restaurata, vogliamo riflettere sul significato della solennità odierna. La vita si celebra e si snoda tra segni, simboli e gesti da comprendere e fare nostri. Ci aiuta, allora, il posare lo sguardo sulla bella statua di fine 1700 della Chiesa Madre di Vinchiaturo, scolpita in legno di pregio con fregi d’oro. Maria è rappresentata con il volto pieno di Luce che riflette l’immensità e lo splendore di Dio, con le mani aperte che lodano e si affidano all’Altissimo, con gli angeli sorridenti che la innalzano al Cielo, con le vesti di Regina che “divinizzano l’umano” e gli occhi che contemplano il Mistero d’Amore a cui Lei, Vergine, Sposa e Madre, è stata predestinata e intrinsecamente unita come Madre del Signore, Cristo Gesù. Oggi la contempliamo come “Regina che siede alla destra di Dio” (Salmo 44) con sul capo l’antica corona tempestata di gemme, restaurata e rivestita col manto di stelle che dicono le virtù del suo cuore. Lei è assunta in anima e corpo perché non poteva “conoscere la corruzione del sepolcro Colei che ha generato il Signore della vita” (Prefazio). Dinanzi a Lei premiata perché rimasta fedele sotto la Croce, contemplando Lei che ha creduto che la bontà vince e che l’Amore Crocifisso sconfigge odio e cattiveria, ognuno gioisce e sperimenta la pace del cuore. Regina perché si è fatta serva, Lei ci ricorda che “regnare in Dio è servire” per questo è assunta ossia ascende tra le acclamazioni degli Apostoli e la gloria degli angeli come nella pala artistica, olio su tavola, del Tiziano, sull’altare nella Basilica di S. Maria Gloriosa a Venezia.

Meditiamo sul corpo glorioso della Vergine Maria con l’aiuto del mariologo Stefano De Fiores. Per illuminare la situazione celeste di Maria ci soccorre l’analogia con Cristo risorto e con i corpi risuscitati. Le apparizioni di Cristo risorto ai discepoli mostrano che la Sua corporeità è sganciata dalle leggi della materia, dai condizionamenti del tempo e dello spazio: entra a porte chiuse nel cenacolo (Gv 20,19), appare e scompare improvvisamente (Lc 24, 15.31), non è subito riconoscibile (Lc 24, 37; Gv 20, 15; 21, 4). Carlo Maria Martini precisa che Cristo risorto ha del corpo «le qualità attive, in quanto può agire nel cosmo, ma non le passività, in quanto non è circoscrivibile, non può essere afferrato e chiuso dallo spazio e dal tempo». Il secondo punto di riferimento per capire lo stato glorioso di Maria è la condizione dei corpi dopo la risurrezione, descritta da Paolo nel capitolo 15 della prima lettera ai Corinzi. Pur ammettendo una certa continuità tra il corpo mortale e quello risorto, l’apostolo insiste sulla loro diversità mediante quattro antitesi: “Si semina corruttibile e risorge incorruttibile, si semina ignobile e risorge glorioso, si semina debole e risorge pieno di forza, si semina un corpo animale e risorge un corpo spirituale” (1Cor 15,42-44).

Applicando questa dottrina all’Assunta riconosciamo al suo corpo quattro aspetti:
1) l’incorruzione, che indica vittoria sulla morte e sulla decomposizione nel sepolcro;
2) la gloria, che esprime sia lo splendore, al pari delle stelle (Dan 12,3), sia la presenza e azione salvifica nella storia (Gv 1,14; 2,11);
3) la potenza, che designa la forza dello Spirito, capace di comunicare la vita nuova e ci compiere opere efficaci e meravigliose (Rm 15,19; 1Cor 12, 4-11; Gal 3,5);
4) la spiritualità che indica la persona umana di Maria sotto la sovranità trasformatrice dello Spirito.

L’Assunta paradigma dell’essere umano. Per Salvatore Perrella il dogma dell’Assunzione esprime l’antropologia positiva del cattolicesimo, non essendo un privilegio esclusivo, ma un «caso paradigmatico» del destino preparato per tutti i fedeli. Maria anticipa la sorte di tutti i giusti che perseverano nella fedeltà al Signore ed in tal modo rappresenta la «forma concreta della speranza cristiana». La Madre di Gesù è assunta perché partecipa alla risurrezione del Figlio, sicché anche per lei il paradiso è il luogo cristologico (cf. Fil 1,23). Per Michele Giulio Masciarelli l’Assunta rappresenta una cartina di tornasole in cui la persona si autocomprende sia nella sua relazionalità, sia nel suo destino finale. Per l’autore la parabola dell’età moderna parte dal magistero della ragione imperativa ed emancipatoria che trionfa nel sistema hegeliano, si converte in totalitarismo ideologico e finisce per cedere il posto al «pensiero debole» e al post-moderno nichilista che si esprime nella «caduta del senso». Il cristianesimo non si arrende al nichilismo, né all’uomo rinchiuso «nelle strette stive di una nave che solca un mare senza orizzonti lunghi», perché è fiducioso di scuoterlo con la sua profezia escatologica. Maria glorificata provoca al futuro l’uomo senza radici e senza promesse, invitandolo a non aver paura del futuro, ma ad assumerlo con serietà. Maria, dopo Cristo, è l’esempio più perfetto di antropologia cristiana realizzata. In lei si ha la realizzazione della meta finale della Chiesa pellegrinante. L’escatologia è il punto di vista ottimale per sapere chi è Maria e chi è la persona nel suo cammino da Dio verso la storia (exitus) e dalla storia verso Dio (reditus). Avvolta nel mistero trinitario, Maria con l’assunzione riceve dal Padre la gloria meritatagli dal Figlio Risorto, ponendosi come permanente icona d’intimità con lo Spirito vivificante. Ella non è solo oggetto di contemplazione ma anche orizzonte di azione, «uno stimolo ed un punto di riferimento che lo impegna nella realizzazione del proprio cammino storico verso il perfezionamento escatologico finale» (S. Meo).

La corporeità come relazionalità. Un dato acquisito della cultura contemporanea è l’esistenza di un corpo relazionale, distinto dal corpo fisico, che s’imprime indelebilmente nell’anima e quindi sopravvive alla morte biologica. Interrogandosi sul significato del dogma dell’Assunzione, Cettina Militello opta per la prospettiva della corporeità e più precisamente dal corpo della donna. Il dogma celebra un corpo esaltato, «glorificato» e si tratta di un corpo di donna. Il mistero dell’Assunzione «celebra la carne di Maria; celebra l’evento grazie a cui questa donna, fatta di carne, accede alla gloria di Dio nella compiutezza immediata del suo corpo vissuto». La corporeità di Maria dice relazione alle persone ma anche al cosmo, in particolare dal momento in cui «il corpo di Maria assunto alla gloria ha la valenza di additarci, nella contiguità della carne d’uomo alla creazione tutta intera, il dato già attivo della nuova creazione». In definitiva «il dogma dell’Assunta chiama in causa assai più che il privilegio di Maria sotteso alla pienezza di grazia che le è stata donata. Piuttosto in Lei ci si disvela il paradigma di una diversa e possibile declinazione del rapporto corpo oggetto/corpo proprio; corporeità personale e creaturalità cosmica; spazio/tempo individuale e spazio/tempo collettivi». Si supera così la mentalità del «privilegio» che sembra estraniare Maria dalla condizione o destino di tutte le donne, poiché se Maria è icona escatologica della Chiesa, ciò che in lei è compiuto è paradigma di ciò che attende tutti nell’eschaton. La corporeità vissuta o l’essere/avere un corpo può divenire una chiave ermeneutica del mistero di Maria, del suo relazionarsi con Dio, con l’uomo e con il cosmo.

L’Assunta risposta divina al dolore umano. La riflessione di Sabino Palumbieri parte dal paradosso dell’esistenza in cui il mistero del male s’intreccia strettamente con la domanda sul significato della vita. Esso costituisce la sfida radicale ad ogni sistema costruito sulla ragione. In fondo è la percezione dell’essere e del non-essere della condizione umana, in quanto «l’angoscia rivela il niente» (M. Heidegger), la sofferenza è l’esperienza del male presente nell’uomo, avvertito come fallimento del proprio essere, e infine la morte male supremo dei mali segna il trionfo definitivo del non-essere sull’essere. Ogni giorno si fa l’esperienza dell’inciampare nell’area del male, come ostacolo (skándalon), che nasconde il volto della trascendenza. Per uscire da questa impasse – nota Palumbieri – ci viene incontro la rivelazione che ci pone di fronte alla sofferenza in Dio (con l’amore ferito con il tradimento dell’alleanza) e anche alla sofferenza di Dio, che con l’incarnazione assume la condizione umana culminante nella morte sul patibolo. La rivelazione ci mostra pure lo sbocco della vicenda discendente di Cristo con l’esaltazione indicata da Fil 2,6-7. L’evento della risurrezione è il segno inequivocabile che la storia non è consegnata all’assurdo né alle forze cieche del fato, ma costituisce la risposta piena al nostro anelito di liberazione dall’alienazione radicale e da tutte le altre forme di morte. Con l’evento della risurrezione, l’uomo ha la sicurezza che il non-essere può aver ragione dell’essere con la morte, ma questo non-essere viene poi sconfitto dalla pienezza dell’essere di Dio. Pertanto, se è vero che «la morte è il limite dell’uomo», è altrettanto vero che «Dio è il limite della morte dell’uomo» (K. Barth). Ma la Pasqua di Cristo coinvolge ogni essere umano, che passa così a definirsi non più heideggerianamente essere-per-la-morte, ma essere-per-la-vita. Nella comunità cristiana si distingue la Vergine Maria, creatura colmata di grazia e intessuta di collaborazione sacrificale con il Figlio. L’immenso dolore dell’uomo resta come ricchezza eterna d’amore. Il soffrire passa. L’aver sofferto resta. E qui è di rigore il riferimento all’opera di Carl Gustav Jung, Risposta a Giobbe, dove assume una singolare posizione circa il dogma dell’Assunta. Lo rilegge in chiave psicoanalitica, come espressione storica dell’anelito primordiale della speranza, presente già nell’inconscio collettivo, in risposta al grido del dolore umano. Perciò Jung saluta l’evento della proclamazione del dogma come il più importante evento religioso dai tempi della Riforma. Si tratta di una pietra dello scandalo per una mente priva di sensibilità psicologica. Il dogma è l’espressione di una rinnovata speranza di adempimento dell’aspirazione, che si muove nel più profondo dell’animo, alla pace e all’equilibrio tra i contrari tesi e minacciosi. In conclusione, l’assunzione di Maria diventa la risposta alla domanda di senso della vita, perché l’Assunta è il sì di Dio agli aneliti più profondi dell’uomo, che non è una «passione inutile» (J. P. Sartre) ma una passione d’amore che sfocia nella risurrezione.

L’Assunta nella prospettiva ecumenica: Un dogma non separante. È importante ricordare che la «resurrezione», in senso biblico, non deve essere concepita come la rianimazione di un cadavere, né come la semplice immortalità di un’anima privata di ogni carattere corporeo, né come forma di reincarnazione in un’altra esistenza che sarebbe ancora sottomessa ai limiti dello spazio e del tempo. È piuttosto «resurrezione della carne», come dice il Simbolo degli apostoli. La «carne» designa qui la persona nella sua unità e nella sua integrità, cioè tutto insieme il suo «spirito», la sua «anima» e il suo «corpo» – intendendo «corpo» non nel senso di componenti fisici destinati a perire, ma nel senso di una dimensione che non cessa di essere intimamente legata all’identità della persona. La «carne» che risorge è quindi tutto quel che porta il segno di un essere umano nel suo modo di rapportarsi a se stesso, al mondo, agli altri, a Dio». La Chiesa ortodossa fin dal VI secolo celebra il 15 agosto la Dormizione della Madre di Dio, una festa ricorda la morte di Maria che viene trasferita alla vita. Se identica è la fede nell’assunzione, il dogma cattolico fa difficoltà perché il Papa, primo patriarca, non ha consultato gli altri quattro della Pentarchia. Poiché si tratta di «difficoltà che non riguardano l’essenza dell’insegnamento della Chiesa, bensì degli aspetti alquanto formali e di metodologia teologica», il dialogo deve continuare. La dichiarazione di Seattle (2004), Maria: grazia e speranza in Cristo, da parte della Commissione internazionale anglicana-cattolica romana, ricupera all’interno del modello biblico la verità dei dogmi dell’Immacolata e dell’Assunta, che non contraddicono la verità di Cristo Salvatore ma sono in armonia con essa e rispondono al piano di Dio che avvolge i credenti con la grazia di Cristo.

La morte di Maria. Già nel 1951 C. Colombo nota che colpisce nella formula di definizione dell’Assunta è «l’assenza di ogni accenno alla morte e alla risurrezione di Maria». Gli immortalisti, guidati da p. Jugie, giudicavano secondaria e non dogmatica la morte di Maria e perciò non legata essenzialmente all’assunzione. P. Roschini si sente autorizzato a profetizzare: «Io sono sicuro che a partire dalla definizione dell’assunzione, il numero di coloro i quali si sono schierati a favore dell’immortalità di Maria andrà sempre crescendo».I teologi più imparziali, come Colombo o Schmaus, ritengono che la questione della morte di Maria rimanga aperta. Sennonché nel 1997 Giovanni Paolo II in una delle catechesi mariane spezza una lancia a favore della morte di Maria. Egli sa che «alcuni teologi, in verità, hanno sostenuto l’esenzione della Vergine dalla morte e il suo passaggio diretto dalla vita terrena alla gloria celeste». Ciononostante, alla domanda: «è possibile che Maria di Nazaret abbia sperimentato nella sua carne il dramma della morte?», risponde appellandosi all’analogia con Cristo: Riflettendo sul destino di Maria e sul suo rapporto con il divin Figlio, sembra legittimo rispondere affermativamente: dal momento che Cristo è morto, sarebbe difficile sostenere il contrario per la Madre.Poi il Papa scarta il legame tra Immacolata Concezione e immortalità, cui si appellavano gli immortalisti, dal fatto che esso non si realizza neppure in Cristo sofferente fino alla morte di croce per amore del genere umano. Maria vi partecipa con il suo patire e morire: è vero che nella rivelazione la morte è presentata come castigo del peccato. Tuttavia il fatto che la Chiesa proclami Maria liberata dal peccato originale per singolare privilegio divino non porta a concludere che Ella abbia ricevuto anche l’immortalità corporale. La Madre non è superiore al Figlio, che ha assunto la morte, dandole nuovo significato e trasformandola in strumento di salvezza. Coinvolta nell’opera redentrice e associata all’offerta salvatrice di Cristo, Maria ha potuto condividere la sofferenza e la morte, in vista della redenzione dell’umanità.In sostanza Giovanni Paolo II interpreta la morte di Maria come fatto biologico normale, che «ha arricchito la persona della Vergine» perché vissuto con amore. I trattati di mariologia post-conciliari affrontano la questione della morte o non morte di Maria. Generalmente essi si pronunciano a favore della morte «per la somiglianza con Cristo» o perché suffragata dalla tradizione della Chiesa. Ma si è in diritto di pensare, con Epifanio, che la fine di Maria resti un mistero, nascosto in Dio. Dissipare il velo dell’ignoranza con un serio lavoro teologico è compito della mariologia futura, chiamata sulla scia di Rahner ad investigare sul mistero della morte e sulla “morte di Maria come nucleo centrale dell’escatologia” [Cfr. S. DE FIORES, La presenza di Maria nella vita della Chiesa alla luce dell’enciclica «Redemptoris Mater», in Marianum 51 (1989) 110].

O Madre e modello di Luce, “la lampada della tua fede è stata sempre accesa, Tu sei la credente, metti olio nelle nostre povere lampade affinché la luce della nostra vita illumini il Volto Santo di Gesù”. Regina del Cielo, tutta bella perché colma di Dio, veglia sui tuoi figli, orientaci nel cammino esistenziale e prega per noi perché aumenti il dono della fede, oggi e sempre. Amen. Auguri.

Vinchiaturo (CB): 15.08.2023 Il Parroco: don Peppino C.