La Badia benedettina di S. Maria di Monteverde (Vinchiaturo-Mirabello)
NELLA CONTEMPLAZIONE DEL CREATO L’AMORE A DIO E AL PROSSIMO

“ORA et LABORA et LEGE” (San Benedetto da Norcia)
ossia preghiera, lavoro, studio; per una spiritualità incarnata nelle opere
“Chi ha per così dire dilatato la propria anima con le opere sante, deve ancora dilatarla con l’intimo
esercizio della contemplazione” (San Gregorio Magno)
“La meditazione è madre dell’amore, la contemplazione ne è figlia” (San Francesco di Sales)
Carissimi su questo alto monte di Monteverde, che unisce le comunità di Vinchiaturo e di
Mirabello, innalziamo i nostri occhi e portiamo il respiro del nostro spirito nel cuore di Dio. Si,
proprio su questo monte con la cima a 1000 m. de “la Rocca” che favorisce il raccoglimento
nell’esperienza della natura, segno dell’Infinito e del Trascendente e della Sua mano creatrice; in
questo perimetro del sacro Tempio, diroccato da 4 terremoti, che trasmette pace e comunica vita
dalle pietre lavorate testimoni eloquenti dei tanti secoli passati; da questa sacra altura in cui lo
sguardo si perde nel contemplare la bellezza di paesi e montagne, di colline e paesaggi; in questo spazio d’incontro di popoli e culture, abitato dalla tribù-stato dei Sanniti Pentri che in questo complesso difensivo lottarono contro Roma; in questo luogo ameno in cui i Sanniti ed altri popoli si sono stanziati con fierezza; in questo lembo di paradiso in cui l’azzurro del Cielo bacia la verde collina noi avvertiamo il canto e l’incanto del creato. Qui tutto porta al raccoglimento, alla quiete profonda, all’armonia interiore, a cercare dentro di sé e tutto si apre alla contemplazione del Mistero di Dio. Contemplazione come arte e stile alto dello spirito benedettino. Ed ecco il Mistero, che dice fascino e ricerca, celebrato qui fin dal 689 con il primo cenobio del monaco benedettino cassinese Dauferio Frangipane e che nel 1022 diventerà un efficiente monastero benedettino permettendo al sito di essere protetto e valorizzato, in epoca romanica, dal graduale inserimento e dal lavoro dei monaci di San Benedetto (che nacque a Norcia nel 408, morì nel 547 e dal 1964 è Patrono d’Europa). Il fondatore del monachesimo occidentale così iniziava la Regula monachorum:
Ausculta, o filii, praecepta Magistri et inclina aurem cordis tui ossia “ASCOLTA attentamente, o figlio, gli insegnamenti del maestro e porgi l’orecchio del tuo CUORE; accogli volentieri i consigli dell’affettuoso padre e ponili vigorosamente in opera”. E sappiamo che ascoltare è il primo verbo che nutre la fede come felice relazione con Dio. Nei secoli il monachesimo ha lasciato un’alta impronta formativa di cultura (con gli Scriptoria di copisti e amanuensi), di valori (tra cui il silenzio, l’umiltà, lo studio, il lavoro, il dialogo con se stessi e con Dio, l’umiltà, lo zelo, l’obbedienza, l’ascolto, il rispetto dell’anziano ecc.) di storia (dopo la caduta dell’impero romano), di arte (abbazie con Carlo Magno e stile architettonico sobrio) e di fede vissuta e ha segnato da noi come in tutta l’Europa la culla della nostra civiltà. Particolare era l’architettura monastica dell’Abbazia con l’infermeria e la residenza del monaco medico, l’ospedale per i monaci e per i novizi organizzato intorno a due chiostri con una sua propria chiesa ad absidi contrapposte, il cimitero, la casa dell’abate, la scuola, la foresteria, la residenza per i pellegrini, l’orto, i laboratori, la panetteria collegata con la cucina, i mulini e depositi vari. Sul davanti del complesso vi erano le scuderie, le stalle e le rimesse per i carri. Per tutto il Medioevo si diede corpo a questa planimetria d’insieme con soluzioni spaziali e tecniche costruttive varie a seconda delle possibilità e dei tempi.

Quest’antica Badia di S. Maria a Monte rappresenta uno dei primi insediamenti dei monaci
benedettini in Molise, insieme a S. Vincenzo al Volturno e a S. Maria di Canneto. Nel corso dei
secoli il complesso fu ampliato. La sua notorietà emerge nel secolo XII anche per una corporazione dei lavoratori della pietra, testimoniata da un’epigrafe rinvenuta sul posto. Poi i terribili terremoti del 1349, del 1456, del 1688 (che vide il restauro del card. Orsini) e l’ultimo del 1805 hanno cancellato la cittadella monastica purtroppo abbandonata nel passato all’incuria, non adeguatamente valorizzata e rilanciata in chiave storico-artistica e turistico-religiosa. Da qui un interrogarsi per unire le forze, coinvolgere enti ed istituzioni e puntare sulle risorse europee per rilanciare la bellezza, formare alla cultura e alla spiritualità e far conoscere le ricchezze (“la Rocca”, i reperti italici e romani, le mura e le fortificazioni, i tratturi, le fontane, i pozzi, i boschi, la tipicità del paesaggio ecc.) e le risorse oggi spendibili (di flora e fauna, geografiche e orografiche ecc.) che il prezioso e antico sito offre se insieme ci si crede, si ama e ci si mette al lavoro vivendo il motto benedettino: “Ora et labora et lege”: prega, lavora e studia ossia progetta per migliorare il tuo ambiente di vita.
I monaci benedettini ampliarono la Badia di S. Maria di Monteverde e dopo il passaggio dall’epoca longobarda a quella normanna, la portarono al massimo dello splendore nell’anno 1163 con la nuova chiesa commissionata dall’abate Matteo al maestro Gualterius di cui il blocco di pietra inciso all’ingresso dell’antica Badia è testimone. In quegli anni le proprietà della grande Badia si estendevano fino in territorio beneventano. E noi oggi guardiamo al passato con riconoscenza e ci consideriamo come nani sulle spalle dei giganti. Noi oggi chiamati a vivere e a far rivivere, come arte-storia-cultura-spiritualità, questo luogo sacro e unico con il suo fascino che lenisce e risolleva e con la sua bellezza che innalza, rasserena, dona pace e porta al senso della vita, in un presente per molti aspetti più facile ma per altri più complesso di ieri. Ci aiuta il salire in alto, ben sapendo che nella Bibbia Dio passa, parla e si rivela proprio in alto, sul monte, e infonde nel sussurro della brezza leggera nuova Speranza. Qui in alto si coglie il divino, l’energia della vita, la memoria s’intreccia con la profezia del futuro e si medita l’orizzonte ultimo della storia umana, si intravede quel destino di luce a cui come figli siamo chiamati. E proprio la storia vista dall’alto assume un’altra prospettiva, come la vita che va guardata dall’alto verso il basso, la storia va guardata dalla sua fine per viverne in essa IL FINE e avendo il fine nella mente e nel cuore ti senti orientato e sicuro. Da questo luogo impariamo a guardare la vita dal punto di arrivo per vivere bene ogni passo quotidiano nell’oggi della nostra storia, per questo la vera visita al monastero inizia proprio dal cimitero, per viver bene nell’oggi la storia che costruiamo giorno dopo giorno e passo dopo passo. E non a caso il cristianesimo che non è utopìa ma lievito che fermenta nel quotidiano, si vive nella legge dell’incarnazione dove è la qualità dell’aldiquà (oggi) che costruisce e determina il tuo aldilà (futuro in Dio). E in questo intrecciare ricerca, lotta e impegno ci aiuta e ci sprona l’esempio del grande maestro S. Benedetto da Norcia. Il fondatore del monachesimo occidentale ci augura in quest’epoca, nella quale si è indaffarati e non si ha modo e tempo di ascoltare la voce di Dio, di valorizzare le alture, i monasteri, santuari, conventi come vere oasi dello spirito. Ecco la bellezza della Badia di S. Maria di Monteverde oggi con la nuova Chiesa inaugurata il 6.11.1938 grazie all’opera di Giuseppe Margiasso, rientrato dall’America. Badia di S. Maria a Monte (così chiamata da Emilio Spensieri), oggi Santuario amministrato e più volte ristrutturato dalla Curia Arcivescovile di Campobasso che ringraziamo per il nuovo tetto, le gronde e la pitturazione interna, con il campanile del 1958, dove riecheggia l’antico titolo di S. Maria di Guglieto. Un titolo particolare e nobile per ricordare, come scrive il Margiasso, che i benedettini sceglievano di fondare le Abbazie “sulle guglie” ossia sulle sommità dei colli, in alto per raccogliersi e vivere il respiro di Dio immersi nel fascino e nell’incanto della natura, dove Dio parla al cuore della vita. La storia insegna che i monasteri e i cenacoli benedettini sorgevano e sorgono su alture, valorizzando i reperti romani, le bellezze del paesaggio, la custodia delle fontane, delle sorgenti d’acqua e delle risorse territoriali, il lavoro della pietra lavorata e scolpita (come il perimetro e l’abside della nostra antichissima Badia dimostrano anche con lo studio, le mappe e le foto visibili sui nuovi e accurati pannelli realizzati e qui esposti dal Comune di Mirabello frutto dell’appassionata e competente ricerca dell’archeologa Isabella Muccilli che ringraziamo. Un grazie al Sindaco Angelo Miniello anche per la progettazione del nuovo tracciato e cancello d’ingresso e al Comitato Festa per la cura del sito e la ripulitura della Croce di legno vicina al pozzo. Un lavoro di volontariato gratuito che dice appartenenza e amore al territorio, per questo aggiungo un vivo grazie a P. Mario Di Nonno che per vari decenni ha servito in questo Santuario, ai sacristi Elisa e Domenico Pietromonaco per la custodia e il sincero amore alla Vergine di Guglieto e ai fedeli che ogni domenica sera da maggio a ottobre qui celebrano la S. Messa. Infatti se la spiritualità è nutrita dalla partecipazione è buon segno e si costruisce la Chiesa come “famiglia di famiglie” che vive il Giorno del Signore. Oggi siamo circondati da “opere parlanti”, da testimoni, da luoghi belli, isolati, incantevoli e immersi nel verde dove lo spirito si apre all’Altissimo e si ode la voce divina. Il tutto imparando dalla civiltà monastica che dopo la caduta dell’impero romano, attenuando le conseguenze delle invasioni dei barbari ha saputo ricostruire da “mille frantumi”. Civiltà che oggi si pone in stile di prossimità fatta servizio (con accoglienza, foresteria, guida spirituale) e in dialogo interculturale dove persone di ogni età, provenienza e cultura possono scoprire il fascino della bellezza, del silenzio e ritrovare se stessi, meditare e contemplare in armonia con il creato, consentendo a Dio di ristabilire un giusto ordine nella loro esistenza.
Affidiamo tutto questo a Maria che i monaci ammiravano come Vergine del “Sì” silenziosa e
orante e invocano come Madre e Stella del mare (Ave Maris Stella) per vincere le tempeste della
vita. Qui se il cuore contempla può udire nel silenzio dello spirito le voci benedettine e riecheggiare l’antico canto gregoriano che per secoli tra queste pietre saliva a Dio con mille e intense preghiere. E se “la preghiera cerca, la contemplazione trova” scriveva il teologo, mistico e beato Ugo di San Vittore. Così invocando Maria, tu cercatore di senso, pellegrino o viandante di ieri e di oggi, ritroverai la via!

Auguri a tutti.
Vinchiaturo (CB), 27 agosto 2023
(Festa di S. Maria a Monte)

IL PARROCO: don Peppino C.